A chi, in queste settimane, per non dire ultimi anni, non è venuto il dubbio che non sia poi così vero quanto sosteneva il filosofo tedesco Gottfried G. von Leibniz, vissuto a cavallo del XVII secolo, il quale sosteneva che viviamo nel “migliore dei mondi possibili”.
Le vicende che dal 2020 hanno decisamente cambiato il mondo stanno mettendo a dura prova le nostre convinzioni. Peraltro, scorrendo la Storia, situazioni simili non sono poi così rare, senza bisogno di scomodare crisi epocali come la 2° Guerra Mondiale: dalla Guerra coreana dei primi anni 50 alla crisi di Cuba dei primi anni 60, al Vietnam degli anni 60/70, e poi all’Afghanistan negli anni 80, l’invasione del Kuwait dei primi anni 90, l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, la crisi della Libia, solo per citare alcuni degli accadimenti che hanno messo in discussione “l’equilibrio” del mondo.
Certo le dimensioni dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ci tocca molto da vicino, non fosse altro per la vicinanza geografica e la forte presenza di popolazione ucraina nel nostro Paese. Non occorre evocare Davide e Golia per rendersi conto, al di là di motivazioni probabilmente pretestuose da parte dell’invasore, che si tratta di una lotta impari.
Da una parte abbiamo la nazione più grande al mondo, con i suoi 17,1 ML di km2, pari a 56 volte l’Italia e a 1/6 delle terre emerse. Vero è che “solo” al 12° posto al mondo in termini di PIL, ma parliamo del 9° Paese al mondo in termini di popolazione, con i suoi 146ML circa di abitanti (anche se è al 181° posto in termini di densità abitativa, con 8,4 abitanti per km2). Il PIL pro-capite èpari a $ 27.900, che pone la Russia al 72° posto al mondo (va detto, peraltro, che il dato è fortemente inficiato dalla ricchezza degli oligarchi – almeno quelli residenti – essendo il Paese tra quelli con le maggiori diseguaglianze al mondo). Si sta parlando, però, della 2° potenza militare al mondo. Elemento che, con tutta evidenza, unita alla non semplice lettura della psicologia russa, trasmette un senso di pericolo forse ancora maggiore.
E poi abbiamo l’Ucraina, la più popolosa e tra le più grandi tra le ex Repubbliche che costituivano l’Unione Sovietica. Anche se la popolazione è in costante diminuzione: all’epoca dell’indipendenza si contavano 52 ML di abitanti, mentre all’inizio del conflitto si erano ridotti a neanche 40 ML. Ad oggi, in neanche 20 giorni, già 2,8 ML hanno abbandonato il Paese. E se dovesse perdere (cosa probabile) la Crimea e il Donbass (che la Russia considera già “acquisiti”), ovvio che si assisterebbe ad un ulteriore importante calo, che porterebbe la popolazione ben sotto i 30 ML. Oltre ad un Paese distrutto, con alcune città già oggi letteralmente rase al suolo, destinato a non entrare a far parte della Nato (almeno per molti anni) e con problemi, probabilmente, anche a far parte della UE.
Chissà che queste considerazioni non portino Putin a considerarle un motivo per ritenersi vincitore, anche se al momento può sembrare prematura qualsiasi previsione.
Il fatto che Stati Uniti e Cina abbiano iniziato ufficialmente a parlarsi, scegliendo Roma come sede del loro incontro (durato ben 7 ore), lascia intendere che le pressioni per trovare un accordo si stanno facendo sempre più intense. Al di là dell’aspetto bellico e umanitario (la situazione, come detto, sta diventando ogni giorno più grave), cominciano infatti ad esserci forti preoccupazioni sugli impatti economici.
E’ di ieri la dichiarazione del Commissario Gentiloni, secondo il quale “le conseguenze economiche della guerra non saranno trascurabili”. E non solo a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime (anche se ieri il petrolio e il gas hanno subito forti cali, cali che proseguono anche oggi), ma anche dai maggiori costi che dovranno sostenere i Governi (e quindi i bilanci pubblici) per far fronte all’emergenza. Ad iniziare dai prezzi dei carburanti: un po’ tutti gli Stati stanno correndo ai ripari, con interventi massicci che consentano un’immediata discesa dei prezzi. Da noi si da quasi per certo l’utilizzo dell’extragettito IVA (solo a marzo circa € 200ML), che abbatterebbe i prezzi di circa 15 centesimi al litro. Decisioni analoghe anche in Germania, Austria, Francia e altri Paesi. Il Ministero dello Sviluppo Economico sta pensando alla creazione di un nuovo Fondo di sostegno alle imprese per circa € 800 ML, a cui se ne potrebbe aggiungere un altro del valore di circa € 1MD per far fronte all’esposizione verso il sistema bancario.
Intanto, in Cina si sta facendo di nuovo largo la preoccupazione per l’incremento dei contagi. Il numero, in assoluto, in realtà è assolutamente modesto, per non dire “insignificante” (almeno per i nostri parametri): a ieri, in tutta la Cina (1.4 MD di abitanti) ne erano segnalati 1.807 (milleottocentosette). Sufficienti, però, a far scattare un nuovo lockdown (1 settimana) a Shenzen (17,5 ML di abitanti), una sorta di “Silicon valley” cinese (è qui, per esempio, che si trova Foxconn, la società che assembla il 70% degli Iphone del mondo). Ma anche in altre provincie si segnalano forti incrementi dei contagi, con chiusure sempre più numerose.
In questo contesto, l’andamento degli indici cinesi anche oggi è stato decisamente negativo: Shanghai perde quasi il 5%, mentre Hong Kong, dove prevalgono i titoli tech, cade di quasi 6 punti percentuali. Tiene il Nikkei, che chiude a + 0,15%. Deboli anche la borsa di Seul e quella di Sidney, in calo di circa 0,6/0,7%.
Virano in negativo i futures, con quelli USA in calo dello 0,4% circa, mentre sono più deboli in Europa (-1% ).
Ieri il Nasdaq, “influenzato” dalla caduta del giorno precedente di Hong Kong, ha lasciato sul terreno circa il 2%.
In netto calo anche oggi il petrolio, con il WTI che scende a $ 97,90 (- 5,90%).
Analogamente il gas perde il 2,13%, a $ 4,567. Da segnalare che ieri il megawattore è sceso a € 109, perdendo il 17%.
Spread a 158 bp, con il BTP intorno a 1,85%.
Rialzo record del rendimento del treasury, che è passato a 2,15%.
€/$ a 1.1008, con l’€ in leggero recupero.
Bitcoin a $ 38.438, – 1,66%.
Ps: Gigi Buffon ha un emulo. Il “portierone”, come molti sapranno, ha appena rinnovato con il Parma, dove giocherà sino a 46 anni. Anche Ton Brady, star indiscussa della NFL americana, ha infatti deciso, appena 2 mesi dopo aver comunicato la volontà di ritirarsi, di continuare: il “quarterback” più famoso del mondo compirà 45 anni ad agosto. Evidentemente aver vinto 7 titoli (mai nessuno come lui) e detenere ogni sorta di record statistico non sono motivazioni sufficienti per spingerlo a smettere.